Sin dall’anno mille la protagonista della vita di ogni paese è la campana che, con quel

“Din, don, dan. Din, don, dan” reso celebre dalla canzone francese intitolata “Fra Martino campanaro”, scandisce ancora oggi la quotidianità dei piccoli borghi.

In particolare nella Valle del Trigno questo celebre rintocco, che richiama alla mente una domenica di festa, una nascita, una unione tra due persone, un addio per sempre, ha un suono speciale che qui con maestria viene custodito.

Nel piccolo borgo di Agnone, infatti, basta entrare nella Pontificia Fonderia Marinelli per innamorarsi di quell’arte campanaria di antica tradizione che Armando e Pasquale, proprietari della nota fonderia, tramandano facendo di ogni campana un capolavoro.

Il 13 dicembre 2014 un gruppo di persone, guidato da Mons. Liberio Andreatta, ha avuto il privilegio di assistere alla spettacolare fusione del bronzo della campana che verrà posta nel campanile della Cappella del Cristo Risorto nel Cimitero di Fietta di Paderno del Grappa, paese natale di Monsignore.

La tradizione vuole che durante la fusione, che fino al 1500 era opera di fonditori itineranti, venga benedetto il bronzo e, secondo un’antica ritualità, che la stessa sia impreziosita da oggetti d’oro.

Nel passato, infatti, la fusione del bronzo veniva fatta nelle piazze dei paesi e le donne in segno di devozione lanciavano nel bronzo fuso le loro fedi.

La stessa ritualità, risalente al Medioevo, è stata osservata lo scorso dicembre quando la campana, commissionata da Mons. Liberio Andreatta agli artigiani Marinelli, ha iniziato a prendere forma.

Per realizzare una campana, infatti, bisogna prima costruire, con la guida di una sagoma di legno, una struttura in mattoni chiamata “anima” .

Questa struttura viene ricoperta di strati di argilla fino a formare lo spessore desiderato.

Sulla superficie d’argilla, poi, si applicano quelle che saranno le decorazioni della campana che vengono fatte in cera.

Si realizza, successivamente, il “mantello” che si ottiene sovrapponendo strati di argilla.

L’essiccazione dell’argilla si ottiene tramite carboni accesi, collocati nell’anima di mattoni.

Durante tale fase, lo strato di cera si scioglie lentamente e viene assorbito dall’argilla

(procedimento cosiddetto “a cera persa”).

Terminata la formatura, il “mantello” si solleva e la “falsa campana” viene distrutta fino a liberare l’anima.

Si ricolloca poi il mantello sull’anima facendo rimanere libero lo spazio prima occupato dalla falsa campana .

La forma viene sotterrata e in questa sorta di intercapedine viene colato il bronzo fuso, utilizzando legno di rovere secca, a 1150 gradi .

Il 13 dicembre la Fonderia Pontificia Marinelli si è trasformata, come succedeva in un remoto e affascinante passato, in una piazza e i presenti hanno lanciato, in segno di devozione, nel bronzo fuso, prima che il metallo venisse colato nell’intercapedine dalle esperte maestranze, una fede, una coppia di gemelli e una medaglietta raffigurante la Madonna di Fatima.

La colatura è stata quindi benedetta da Mons. Liberio Andreatta, Protonotario Apostolico e Canonico Lateranense, che osservando il tradizionale rito di benedizione ha così invocato il Signore :

”Signore Dio Onnipotente,

che doni significato e forza

anche alle creature inanimate,

provvedi ad effondere la tua benedizione

su questo metallo destinato al tuo culto,

e come poco fa fluiva in rivoli infuocati,

così con la tua destra potente

e con la tua grazia che protegge,

disponi che si formi in modo armonioso

il suono e il tintinnio di questa campana,

con la quale sono radunati in chiesa i fedeli

a lode e gloria del tuo nome.”

Realizzata con la tecnica di fusione a crogiulo, con il suo rintocco in “Si bemolle” la campana chiamerà a raccolta gli abitanti di Fietta di Paderno del Grappa che, il 1

febbraio di quest’anno, hanno partecipato numerosi al rito della sua benedizione celebrato da Mons. Liberio Andreatta nel suo paese di origine.

Dopo averla aspersa con l’acqua benedetta, seguendo il tradizionale rito di benedizione, Mons. Liberio Andreatta ha toccato la campana e le ha dato il nome di

“Cristo Risorto”, l’ha poi incensata e ha fatto dono agli abitanti del paese del primo rintocco della campana.

Gli Alpini, seguiti dal corteo festoso di tutti gli abitanti, hanno poi fissato la campana sul campanile della Cappella del Cristo Risorto, da poco costruita nel Cimitero della Parrocchia del paese, al canto delle litanie dei Santi e della Vergine.

La campana, quindi, ha ancora una volta chiamato gli abitanti di un piccolo borgo a raccogliersi al suo rintocco per un giorno di grande festa in cui il rispetto dell’antica tradizione ha insegnato, a centenari e neonati presenti, che il tempo può anche scorrere inesorabilmente a patto, però, che le cose belle come il suono delle campane restino intatte.